La criminalità informatica è un fenomeno globale che non conosce confini. Questo fenomeno comprende un’ampia serie di reati commessi in rete: si va dai crimini tradizionali commessi con l’ausilio del web, alle truffe online, passando per gli attacchi di phishing e il furto di dati riservati. I danni legati a questo tipo di attività sono ingenti, e comportano gravi ripercussioni dal punto di vista economico, sociale e politico. Tutti sono nel mirino dei criminali della rete: aziende, liberi professionisti, privati cittadini e pubbliche istituzioni. I governi a livello mondiale si stanno impegnando per combattere il fenomeno, ma non sempre adottando i giusti strumenti, spesso adottando misure tardive, in modo isolato. Le cose iniziano però a cambiare. L’ONU ha approvato la bozza del primo Trattato globale sulla criminalità informatica, segnando un momento storico. Vediamo più nel dettaglio in cosa consiste questo documento e quali reazioni ha ricevuto a livello globale
La lotta al crimine informatico diventa globale
L’8 agosto 2024 l’Organizzazione Mondiale delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità la “Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Informatica”, vale a dire, il primo trattato internazionale contro il crimine digitale. Negli anni passati erano stati già firmati degli accordi internazionali di questo genere, ma solo a livello regionale, come nel caso della Convenzione di Budapest. Cina, India, Brasile e Russia non erano firmatari di questo accordo. Oggi le cose sono cambiate. Lo scopo principale della “Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Informatica” è quello di combattere in modo deciso particolari crimini online, come il riciclaggio di denaro e la pornografia infantile. Crimini di questo tipo possono essere combattuti solo attraverso una cooperazione internazionale sempre più coesa.
Questo trattato permetterà quindi agli Stati membri dell’ONU di richiedere prove elettroniche e dati ai fornitori di servizi Internet, anche di altri Paesi, nel caso si svolgessero indagini in merito a reati punibili con almeno quattro anni di reclusione.
Combattere il cybercrime: l’equilibrio tra giustizia e libertà d’espressione
La Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Informatica è arrivata dopo tre anni di negoziati e discussioni. Il trattato era stato inizialmente proposto dalla Federazione Russa nel 2017, per essere poi redatto da un comitato che vedeva come presidente l’algerina Faouzia Boumaiza Mebarki. Negli anni, la bozza della Convenzione ha scatenato un dibattito molto acceso. L’Iran ha proposto di eliminare alcune clausole a tutela dei diritti umani, la proposta è stata però respinta con ben 102 voti contrari, 23 favorevoli e 26 astensioni. Secondo la Federazione Russa, la Convenzione pone eccessiva enfasi sulla questione dei diritti umani. Di tutt’altro avviso sono invece gli attivisti per i diritti umani, che non hanno nascosto le loro preoccupazioni nei confronti del nuovo trattato. Human Rights Watch ha definito il trattato come uno “strumento di sorveglianza multilaterale senza precedenti”. C’è chi teme che questo genere di trattato possa essere utilizzato per reprimere attivisti, giornalisti e dissidenti politici. Volker Türk, l’Alto Commissariato per i Diritti Umani (OHCHR), ha esortato gli Stati a mantenere i diritti umani al centro di questa Convenzione.
L’impegno globale passa anche per la responsabilità dei singoli
Anche alcune grandi aziende del mondo tech temono che questo nuovo trattato possa aumentare la sensibilmente i livelli di sorveglianza, arrivando a compromettere la fiducia nelle tecnologie digitali. Per combattere il cybercrimine occorrerebbe affrontare, infatti, le numerose sfide poste tanto dalla società civile che dal settore privato. È necessario un impegno globale per difendere la rete, ma non solo. Ogni singolo individuo deve avere un approccio consapevole alla rete, compiendo scelte informate e utilizzando gli strumenti più adeguati.
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